martedì 20 maggio 2008

Immagini del 20.05.2008




Numi tutelari, Kranjska Gora, Slovenia


Ma che vita


Ma che vita!

Son ringiovanita:
vado a dormire all’alba
dopo una notte passata a ballare
mi sono anche rimessa a fumare
più per stanchezza che per insicurezza…
…e tengo il piede in due staffe
ho due ragazzi, uno lo conosco da appena un mese
ma lo si vede che ha già tante pretese,
e mi reclama nel cuore della notte,
non gliene importa che l’altro sia più forte
Ma sono simili
hanno la stessa bocca, amano il jazz
e la velocità
…è come ai tempi dell’università!

O forse no: è la maternità!

Il mio tempo

Lo sciogliersi dei giorni
trasporta sentimenti passeggeri
in vuoti d’anime
scavate da mattini brevi
consunte da pensieri
in gorghi sterili
per una storia affatto nuova
i cui angoli ammuffiti
ricevono i colori intiepiditi
di questa rinsecchita giovinezza
preda consenziente
di orgasmi telematici
e stermini scolastici.
Tempo che non cerca nuove terre
accorcia le distanze
e stende lacci equatoriali
emostatici sulle braccia
di un mondo
che non ha più viscere
da rodere al fratello debole.
Si leva fredda l’alba
sulla città di fine millennio
i musi di uomini e gatti nella spazzatura
cercano residui e ricordi
di vite vissute da altri
mentre il TG delle 20
soddisfa la nostra fame di notizie.
Così è passato un altro giorno.
Così è passato un altro giorno.

domenica 18 maggio 2008

Immagini del 17.05.2008




Stairs, Bratislava, Slovacchia


A bassa voce


Partirò
lasciando porte chiuse
dietro ogni rimpianto
docile al ricordo
bagnato dal mio latte
di mandorla al cianuro.
Sarò
il viaggiatore
che non fa ritorno
eterno debitore
dell’ovulo feroce
della nuova era.
Svestirò
la mia paura
in tanti fili
quanti ne siano i motivi
e i volti sotterranei
di illusioni travestite
da realtà confezionate
e crederò
che ci sia ancora vita
in queste terre desolate
lontana, ormai, dalle vecchie
promesse
seccate dal tempo
in sottili pagine
di quotidiana indifferenza
come se amare fosse nulla
o davvero troppo.

sabato 17 maggio 2008

Ancora sulle illusioni

Nulla è più facile che illudersi. Perché l'uomo crede vero ciò che desidera.
(Demostene)


Il desiderio di dare vita ha spinto Dio a generare il mondo; il desiderio di poter morire ha spinto l'uomo a stendervi sopra un velo.
Non possiamo creare figli a nostra immagine e somiglianza, eppure ce ne illudiamo.

venerdì 16 maggio 2008

Immagini del 16.05.2008




Centre Pompidou, Paris, France


Vipere vampire
Parla parla

e quello che hai perso

non torna
nemmeno per poco
- quasi un addio -
il tempo di polvere
sul ciglio divora
ogni volto che incontra

strisciando nell’ombra


Pensa pensa

e il cervello ti scende

dall’ultimo morso al cuore

con zampe leggere
ma unghie affilate
Non serve altro!

Rivolta soltanto

tutto il tuo essere

e ricomincia...


Illusioni

Il peso della realtà. Quanto contano le illusioni? Potremmo vivere senza illuderci? I desideri nuotano come girini nello stagno dell'illusione.


La città degli angeli

Ogni desiderio ha un posto
in questa notte ardente
non tenera ma viva
e nelle ossa preme
la voglia della pelle
ambrata e forse inutile
pagata per tre ore.
Ormai ho già ballato
seguendo tempo e mandorle
aperte - oscure ghiandole
accanto al fiume lento e opaco
steso sul corpo
di cento prostitute.
E nera è questa notte
di lucidi capelli asiatici
alghe intorno a polsi morbidi
e in preghiera
quando anche il male riposa
e sogna
una donna di Bangkok

I morti non hanno colore

I morti non hanno colore. Non sono rossi. Non sono neri. Non sono bianchi. Non sono; anche se qualcuno direbbe che sono "diversamente vivi" (per non offendere nessuno, per il politically correct).
In questo Paese l'assenza di colore ormai sta desertificando ogni coscienza. Questo è il motivo per cui non ce ne facevamo niente di una Sinistra Arcobaleno.


Vietnam house

Tremavo di febbre una sera a Saigon
sotto lo sguardo di un vecchio garçon.
Malora, malaria, matura l’ora
Ho Chi Min City non fa più paura -
Miller, Morrison, Murray e Newman
mangiano ancora riso e verdura.

Vietnam House ha i suoi camerieri
che servono tè in coppette con fiori
e foglie, rondini, nuvole e libellule –
fanciulle con ali al posto delle braccia
ragazzi airone, bambini senza faccia,
villaggi illuminati dall’ultimo santone:
mutilazioni e ustioni dell’Agente Arancione.

Tremavo di febbre nella mia stanza
fantasmi balordi sparavano a oltranza
Un uomo gridava dal suo nascondiglio
“Bastardo di un Johnson, fottuto coniglio!”

Se solo sapesse, l’amico già morto
che dopo decenni la pace è un ricordo,
che ancora si porta con armi e violenza
la democrazia e la vecchia speranza
“…di essere liberi cittadini e sostenitori”
di telepadroni e petroldittatori.


giovedì 15 maggio 2008

Immagini del 15.05.2008




La Maison Satie, Honfleur, Normandie, France



Piccoli rimorsi

La mia casa ha un giardino
con foglie di vetro e fiori di carbone
i glicini succosi come bocche

e le rose truccate da puttane.

Mi sorridevano diversi
quand’ero piccola
seduta sulle scale
per le corse, i giochi e le cadute
che si ripetono sempre
sì, anche da grandi
e non sono più pugnali di plastica

ma vere spine velenose

lanciate dalle stesse rose

sputate dalle bocche dei glicini

con la solita filastrocca
di chi ricorda e chiede:
- Perché sono arrivata qui? -

Anestesia generale

Poi abituati a pensare che la morte non costituisce nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire sono entrambi nel sentire, e la morte altro non è che la sua assenza. L'esatta coscienza che la morte non significa nulla per noi rende godibile la mortalità della vita, senza l'inganno del tempo infinito che è indotto dal desiderio dell'immortalità.
Non esiste nulla di terribile nella vita per chi davvero sappia che nulla c'è da temere nel non vivere più. Perciò è sciocco chi sostiene di aver paura della morte, non tanto perché il suo arrivo lo farà soffrire, ma in quanto l'affligge la sua continua attesa. Ciò che una volta presente non ci turba, stoltamente atteso ci fa impazzire.
La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più. Invece la gente ora fugge la morte come il peggior male, ora la invoca come requie ai mali che vive.
(Epicuro)

Circa una settimana fa sono stata operata in anestesia generale. Un intervento banale, breve, e neppure il primo della mia vita. Eppure, quando hanno iniziato a trasportare il letto con me sopra verso la sala operatoria ho incominciato a tremare. Prima leggermente, sotto il lenzuolo. Poi più intensamente, mano a mano che ci avvicinavamo alla sala e gli infermieri cercavano di distrarmi parlando del panorama che potevo vedere dai finestroni. Erano i brividi dell'animale terrorizzato, la pupilla fissa del cervo braccato.
L'unica idea che mi rimbalzava in testa era: posso morire.
Il fatto è che non ci sono mai controindicazioni alla morte, come in qualsiasi altro momento della vita.
Mi sono spostata sul lettino verde; il chirurgo era fuori dal mio campo visivo ma lo sentivo parlare. Scherzava con me, senza farsi vedere, e io pensavo: "puoi anche farti guardare in faccia...tanto se ci resto non posso certo venirti a cercare...".
Poi mi hanno infilato un ago nel dorso della mano sinistra. Sedativi. Pre-anestesia. Rilassati. Ossigeno. Respira a fondo. Uno - due - tre. Buio.


L'Angelo di Cocteau

Usciva da una bottiglia
ancora addormentato
veloce stava seduto
le ali aperte come un foglio
bianco e gli occhi
due piatti di genziane
serviti a sentire
tutto il nostro male.
Giovane eterno vagito
universale sul legno inchiodato
di un palco travestito
la sera della commedia:
le assi levigate di mille e mille versi
i passi di note tragiche e indiavolate
a stendersi
lenzuola d’inchiostro blu
messe ad asciugare al sole
e laggiù l’invisibile adolescente
terribile animale di razza
- ho anch’io il mio tesoro nascosto
nella neve lontana
e la finestra illuminata oltre la tenda
che l’angelo trapassa
sorride e affonda
le dita al petto del poeta oppiomane
- muta melodia mortale -
irradiata dal centro
cometa in una bara sigillata
e non di vetro.
Usciva da un cimitero di lune e manicomi
attento a non far rumore
colore acceso dalla pioggia
su campi e corpi di guerrieri
- le ali dure come lame
di baionette perse accanto al fiume.
Ho le ali intrise di veleno
nero marino oceano viscido
nelle stagnanti accademie
di lettere & dollari
decani malati scrivono
perfetti falsi d’autore: la Musa Sorda
non ricorda le parole.


Esce ancora l’angelo bambino nella stanza
che inghiotte caramelle e fiele
e giochi d’incompiuti fantasmi nucleari
rinati e spenti nella memoria d’un giorno.
Piramide che cerca la sua stella
sul fondo di clessidra
nel caos primordiale
di uno status metropolitano incauto
- incauto assorbimento di sperma e aspirina -
trovo nella mano i nostri segni
cuciti alla fine
tra immagini e linee
palpebre aperte per un po’ di luce.

mercoledì 14 maggio 2008

Immagini del 14.05.2008




Wat Mahathat, Sukhothai, Thailand



Bangkok moonlight dance


Nan balla sotto una luna al neon
Nan ha bevuto un po’ – “per essere moderna”
Nan indossa un bikini invisibile e si è rifatta il seno
Nan è bella ma vorrebbe essere bionda
Nan sale in camera mezzora a 500 baht
Nan aspetta un farang con i soldi
Nan danza con me sulla pedana del gogo bar
Nan sono io, tutte le volte che le offro un gin.

Tideland

Alice varca lo specchio dei suoi incubi ed entra nella realtà dal backstage...Terry Gilliam ha fatto un film bellissimo (ispirato dall'omonimo libro di Mitch Cullin), Tideland - Il mondo capovolto, che ho visto un paio di sere fa. Una favola noir struggente, visionaria e terribilmente vera.

Mi presento

Sono la Sposa vestita di verde

dalle lunghe unghie

intinte d’inchiostro


Sono la Figlia dalle infinite chiome

sottratte all’oro di Plutone

coperto di veleni

nel buio del giorno


La sinistra al Dolore

la destra alla Vendetta

femmina implacabile per piaceri futuri

fatta al mondo e meretrice santa


Sono la Madre di carta

schiacciata e risorta

pietosa Medea

dove ormai illanguidisce Dio

devota per verità perduta