giovedì 16 dicembre 2010

Lilith


Lilith, John Collier


«Ella disse 'Non starò sotto di te,' ed egli disse 'E io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra. »
Se vogliamo vederla sotto il piano simbolico, il femminile (la Terra) sta sotto, il maschile (il Cielo) sta sopra. E vabbè.
Ma c'è una cosa da tenere presente. Nel primo capitolo del Genesi si dice:
« Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò »
Nel secondo capitolo, sempre del Genesi, invece è riportato che Dio creò l'uomo e poi, dalla sua costola, creò la donna, Eva.
Sarà mica che Eva era il "secondo esperimento" perchè serviva una donna più politically correct, più allineata con l'idea che, se l'uomo (Adamo) è stato creato "a immagine e somiglianza" di Dio (l'essere onnipotente), ci dovesse essere un potere maschile anche fra gli umani e non una "parità"?
Mah, la tradizione ebraica e ancora prima, quella mesopotamica, consideravano Lilith un demone vampiro. Punto. Comunque un elemento di destabilizzazione dell'ordine divino. Ma d'altra parte qualsiasi interpretazione offre sempre solo una visione parziale e soggettiva dell'oggetto, e tuttavia rappresenta il senso che l'oggetto ha per chi interpreta.


giovedì 25 novembre 2010

Honey, whaddya do for money?



You’re working in bars
Riding in cars
Never gonna give it for free
Your apartment with a view
On the finest avenue


Looking at your beat on the street
You’re always pushing, shoving
Satisfied with nothing
You bitch, you must be getting old

So stop your love on the road
All your digging for gold
You make me wonder
Yes I wonder, I wonder


Honey, whaddya do for money?
Honey, whaddya do for money?
Where you get your kicks?


You’re loving on the take
And you’re always on the make
Squeezing all the blood out of men
They’re all standing in a queue
Just to spend the night with you
It’s business as usual again
You’re always grabbin’, stabbin’
Trying to get it back in
But girl you must be getting slow
So stop your love on the road
All your digging for gold
You make me wonder
Yes I wonder, yes I wonder


Honey, whaddya do for money?
Honey, whaddya do for money?
Yeah, whaddya do for money honey, how you get your kicks?
Whaddya do for money honey, how you get your licks?

Go
Yeow
Honey, whaddya do for money?
I said, honey, whaddya do for money?
Oh ho honey
Oh honey
Whaddya do for money?
What you gonna do
Honey
Oh yeah honey
Whaddya do for money?
What you gonna do?
Awww, what you gonna do?

(AC/DC - What do you do for money, honey? Back in black)

giovedì 18 novembre 2010

lunedì 18 ottobre 2010

Soffocare



"Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sessodipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi. A lasciare che sia il passato a decidere per il nostro futuro. Oppure possiamo scegliere da noi. E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito."
(C. Palahniuk, Soffocare)

venerdì 15 ottobre 2010

Le 10 regole del controllo sociale

La manipolazione mediatica ormai non ha confini. Il consenso politico e quello d'opinione è regolato attraverso ben precise strategie mediatiche che si appoggiano su 10 regole di base. Noam Chomsky ci aiuta a svelare l'inganno

In questi giorni di forte instabilità politica si riaccendono i toni e si rimescolano i temi che hanno animato il calderone mediatico degli ultimi 15 anni: sicurezza, giustizia, economia, tradimento, sesso. Nel nostro Paese succede che molti ingenui continuino ad esempio a meravigliarsi delle boutade del presidente del Consiglio, limitandosi a bollare barzellette e proclami del premier brianzolo come uscite inammissibili, senza considerare quanta macchinazione logica stia dietro ad ogni singola affermazione. Un meccanismo ben oliato a cui fanno ricorso non solo uomini politici, ma esperti di marketing e uomini di potere in genere. Un noto studioso di linguistica come Noam Chomsky ha stilato una lista di 10 regole, che vengono utilizzate per drogare le menti, ammaliandole, confondendo in loro ogni percezione, rimescolando realtà e fantasia, evidenza e costruzione illusoria. Ecco quali sono:

1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. “Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3- La strategia della gradualità
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.

4- La strategia del differire
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.

5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).

6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti….

7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".

8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...

9- Rafforzare l’auto-colpevolezza
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!

10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.

Fonte: Res Marche

giovedì 14 ottobre 2010

La linea morbida

Cito testualmente dall'articolo di La Repubblica sul casino ultra-calcistico di Genova:

SINDACO: "CHI LI HA FATTI ENTRARE?" -  "Mi domando una cosa: chi ha permesso a questi disgraziati di entrare in Italia?". E' quanto si chiede il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ancora scossa per quanto accaduto ieri sera, in occasione della gara, mai disputata, tra gli azzurri e la Serbia. "Va fatta chiarezza. Non è possibile distruggere un pezzo di città, oltre che portare un'ombra ancora più pesante sul calcio, per non aver saputo prevenire. Secondo me, è mancata a monte la capacità di individuare questi delinquenti". La Vincenzi rivela tra l'altro che "diverse ore prima, alcune centinaia di questi che non possono chiamarsi tifosi si sono radunati. Dopo una fase iniziale in cui sembravano chiassosi, scomposti ma non particolarmente delinquenziali, hanno cominciato a correre, sono volate bottiglie, sono stati imbrattati muri preziosi di palazzi antichi e hanno cominciato a fare i loro bisogni ovunque". Il sindaco si era anche messo in contatto con la questura "e mi sono sentita dire che gli agenti erano lì ma che quelli erano dei delinquenti e si doveva evitare che finisse in tragedia. Ho capito che c'era una linea morbida per evitare la tragedia".

Io mi porrei un'altra domanda: com'è possibile che la Questura abbia deciso per la "linea morbida" con tanto di omoni tatuati e superviolenti e invece abbia seguito una linea dura, sempre a Genova, (ricordate?) con studenti ventenni ammassati in una scuola?!?!?
Non sono a favore dei pestaggi, no, ma che ci si metta i guanti di velluto in casi come questo e invece si passi alle manganellate con gente disarmata, beh, oltre che strano, puzza di vigliacco.


Genova, Italia - Serbia (2010): linea morbida




Genova, G8 - Scuola Diaz (2001): linea dura


mercoledì 13 ottobre 2010

Annozero. Zero per due puntate.



Errare è umano... ma perseverare è diabolico.
Ovviamente non mi riferisco a Santoro, che perseveri con la benedizione di tutti (se ce la fa, e prima che tentino di eliminarlo fisicamente), ma a quelli che continuano a imbavagliarlo.

"Non scotta più la poltrona di Mauro Masi: brucia, ormai. E in preda a una crisi di nervi, in cerca di una via d’uscita, il direttore generale della Rai è pronto a forzare leggi e regolamenti: ora pensa addirittura di licenziare Michele Santoro. Intanto, la lettera è stata consegnata stamattina, il conduttore di Annozero è stato sospeso per dieci giorni lavorativi, a partire dal 18 ottobre. Retribuzione a parte, significa due settimane di stop per il programma...."

(leggi tutto l'articolo su Il Fatto Quotidiano)

L'imbalsamatrice... intervistata da Laura

Ecco un estratto:

Un altro tema de L’imbalsamatrice è l’amicizia tra donne, una rete solidale cui si può far ricorso in ogni momento, un porto sicuro. Quanto è importante, secondo te, che possa rappresentare anche uno spazio di leggerezza?

In realtà le donne dell’Imbalsamatrice assomigliano anche agli uomini, mi piaceva l’idea di creare dei personaggi ibridi, indebolendo il genere sessuale e mantenendo vivi i temperamenti. Lisa, N., Silvia, Beatrice potrebbero essere anche dei ragazzi, non hanno aneliti particolarmente femminili. La leggerezza invece è precisa e ambigua allo stesso tempo, com’è scritto a un certo punto nel romanzo: Gli escrementi sono l’unico indizio di una dimensione interiore degli uomini, credo l’abbia detto Lacan, non proprio con questa formula. Questo per dire che il profondo viaggia in superficie, ci conosciamo tramite l’esterno, non l’interno, ma la “profondità”, nel linguaggio comune, con tutte le sue derive moralistiche, è uno di quei miti che mi stanno sulle palle. Tutti vogliono essere profondi, interiori, spirituali senza capire che la “leggerezza” è ciò che di più profondo abbiamo a disposizione, anche perché dà per acquisite e superate tutta una serie di analisi introspettive. È un passo in più, non in meno.


Per leggere tutta l'intervista fate clic sul titolo :)

martedì 24 agosto 2010

KAMA SUTRA

You’re a bull
I’m a mare
Broken cloud
And jump of a hare
Kiss me
Press me
Give me a blow
As a tiger
You should claw

Welcome in my pleasure-room
Like a horse you need a groom

A line of jewels on your neck
A thousand drops shines on my back

As Vatsya says, we have to know
A lot of things for making love

So, welcome in my pleasure-room
Like a horse you need a groom
A line of jewels on your neck
A thousand drops shines on my back

(by Violange)

lunedì 5 luglio 2010

No U Turn

Per conoscere
me e le mie verità
io ho combattuto
fantasmi di angosce
con perdite di io.


Per distruggere
vecchie realtà
ho galleggiato
su mari di irrazionalità.

Ho dormito per non morire
buttando i miei miti di carta
su cieli di schizofrenia.


(F.Battiato, Giubbe Rosse,1989)

giovedì 24 giugno 2010

Elevation

High, higher than the sun
You shoot me from a gun
I need you to elevate me here
At corner of your lips
As the orbit of your hips
Eclipse
You elevate my soul

I've got no self control
Been living like a mole now
Going down, excavation
I and I in the sky

You make me feel like I can fly
So high
Elevation
A star
Lit up like a cigar
Strung out like a guitar
Maybe you can educate my mind

Explain all these controls
Can't sing but I've got soul
The goal is elevation

A mole
Digging in a hole
Digging up my soul now
Going down, excavation

I and I in the sky
You make me feel like I can fly
So high
Elevation

Love
Lift me up out of these blues
Won't you tell me something true
I believe in you

A mole
Digging in a hole
Digging up my soul now
Going down, excavation

Higher now
In the sky
You make me feel like I can fly
So high
Elevation

Elevation
Elevation
Elevation
Elevation

giovedì 22 aprile 2010

Di ritorno da Cordoba (e non solo)

"Sicuri dunque e a testa alta, in qualsiasi luogo ci toccherà di andare, avviamoci con passo intrepido, misuriamo ogni angolo di terra, quale esso sia: entro i confini del mondo non vi può essere esilio di sorta; nulla infatti che si trovi in questo mondo é estraneo all'uomo. Da ogni terra lo sguardo si solleva al cielo sempre ad ugual distanza, tutto ciò che é divino dista sempre del medesimo intervallo da tutto ciò che é umano".

(Seneca, De consolatione)


" (...) comportati così, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così, come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell'agire diversamente dal dovuto. Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo, e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata. Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l'altro la vita se ne va. Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l'unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire"

(Seneca, Epistole a Lucilio, 1)

giovedì 28 gennaio 2010

Nu Shu: il linguaggio segreto delle donne


Riporto da liberamentemagazine.org

di Elena Refraschini

Il fenomeno chiamato “Nu Shu” (“scrittura delle donne”) pare essersi sviluppato durante il XVII secolo nella provincia cinese dello Hunan, la quale, precedentemente abitata dalla minoranza Yao, viene conquistata dai cinesi che vi impongono la loro cultura confuciana patriarcale. Le donne Yao, abituate alla loro indipendenza, decisero di creare una scrittura per comunicare tra di loro all’insaputa degli uomini. Questo nuovo alfabeto recava, a differenza degli ideogrammi cinesi prevalentemente squadrati, tratti curvilinei e sinuosi, tanto da venir scambiati per disegni (tanto più che le donne solevano ricamarli sui vestiti, senza che gli uomini potessero decifrare nulla). La nuova scrittura veniva usata prevalentemente per donare conforto ad una “consorella” nel momento del bisogno, come per esempio dopo un matrimonio combinato. Sono noti, a questo proposito, i così chiamati “Libri del terzo giorno”: testi inviati alle spose nel loro terzo giorno di matrimonio per incoraggiarle a resistere alle fatiche della vita coniugale e domestica – in quanto per le donne del tempo, il matrimonio significava un inevitabile passaggio dalla sottomissione al padre alla sottomissione al marito. Più in generale, però, questa scrittura rappresentava l’espressione di un non ignorabile desiderio di comunicazione e quindi di vita da parte delle donne sottomesse, le quali furono così capaci di stabilire rapporti esclusivi e privilegiati tra di loro.
Il linguaggio, formato da 7.000 caratteri e tramandato di madre in figlia, veniva cantato durante le riunioni delle donne in cucina o durante il ricamo: esprimevano poeticamente ma con un linguaggio quotidiano le emozioni femminili e le difficoltà del dover accettare il dominio maschile (e l’obbligo del silenzio) giorno dopo giorno. Rimasta pressoché sconosciuta fino agli anni Trenta del Novecento, solo negli anni Cinquanta la “scrittura delle donne” catturò l’attenzione dei vertici cinesi: creduto un linguaggio usato per lo spionaggio internazionale ai danni della stessa Cina, i servizi segreti iniziarono le indagini e chiamarono i maggiori esperti di linguistica e di codici criptati, ma senza successo. Soltanto negli anni Ottanta questa scrittura fu riconosciuta come Nu Shu: la scrittura delle donne. Per chi vuole informarsi maggiormente, è possibile visionare un documentario della regista canadese Yang Yueqing dal titolo “Nu Shu: a hidden language of women in China” che ottenne molti riconoscimenti tra cui il premio del Festival delle Donne di Torino; vi si racconta la vita e le mille difficoltà di alcune di queste donne, le quali cercano con ogni sforzo di non lasciar perire quel tesoro che così in poche conservano – quel grande e solenne simbolo dell’indipendenza interiore femminile.

lunedì 25 gennaio 2010

Avatar


Fanta-ecologia. Grande intrattenimento. Da vedere. Dopo Titanic, ritorno ad apprezzare il Cameron di Terminator e Alien.


mercoledì 13 gennaio 2010

L'imbalsamatrice di Mary B. Tolusso



N. è una giovane donna, sensuale e sfrontata, che ha ben poco in comune con le sue coetanee. Di giorno lavora in un laboratorio asettico in mezzo ai cadaveri: li rende belli per il loro ultimo saluto ai vivi, mentre la notte reclama la vita e va in cerca di corpi che esaudiscano la sua energica sensualità, il suo desiderio di trasgressione, in una spasmodica e ossessiva fuga dal perbenismo e dalla normalità degna del Marchese de Sade. Sullo sfondo una sonnacchiosa Trieste che di notte si sveglia e, ancora più bella e misteriosa, assiste indulgente alle scorribande erotiche di N. in cui il sesso è al contempo liberazione e ossessione. Anche il linguaggio sembra rispecchiare gli stati d’animo della protagonista: acceso, vibrante, spesso sopra le righe ma vivo e mai strumento sterile alle dipendenze della trama. In bilico tra il rapporto quasi monacale con il fidanzato e il desiderio insaziabile di corpi femminili, N. si rivela nella sua complessità: in apparenza cinica ed egoista, cela dietro il sarcasmo e la nera ironia un’urgenza di autenticità e di verità nei rapporti con gli altri, il bisogno di trovare se stessa e la ricerca di un significato che sembra sfuggire alla sua esistenza e che ogni notte insegue negli odori e negli umori della carnalità.

martedì 12 gennaio 2010

“I am not what I am”

WILLIAM SHAKESPEARE

OTELLO


ATTO PRIMO
SCENA I
Venezia, una strada. Notte.
Entrano JAGO e RODERIGO

RODERIGO
Non dirmelo. L’ho assai per male, Jago,
che tu, ch’hai sempre avuto la mia borsa
a tua disposizione, come tua,
sapevi questo, e me l’hai sottaciuto.

JAGO
Sangue di Cristo, ascoltami, ti prego,
Roderigo: se avessi sol sognato
che avesse mai a succedere tanto,
avresti pur ragione di schifarmi.

RODERIGO
M’hai detto sempre che l’avevi in odio.

JAGO
E se non è così, sputami in faccia!
Tre grossi calibri della città
si sono scomodati di persona
per andare umilmente a supplicarlo,
e facendogli tanto di cappello,
che mi facesse suo luogotenente;
e io so quanto valgo, in fede d’uomo,
e che non merito meno di tanto.
Ma, compreso com’è dalla sua boria
e da chissà quali secondi fini,
egli sfugge abilmente alla richiesta
con ampollosi giri di parole
imbottiti di termini guerreschi;
e insomma, rende non luogo a procedere
le suppliche dei miei patrocinanti.
“Il mio secondo - dice - l’ho già scelto”
E chi è costui?... Un insigne contabile,
tale Michele Cassio, fiorentino,
uno che si baratterebbe l’anima
per correr dietro ad una bella moglie;
uno che non ha mai schierato in campo
una manciata d’uomini,
e sa studiare un piano di battaglia
non più di quanto sappia una zitella.
Conosce le teorie scritte nei libri
su cui sa dissertare come lui
un qualunque togato consigliere:
tutte parole, ma nessuna pratica.
È tutta qui la sua perizia bellica;
e intanto, caro mio, è lui il prescelto.
Ed io, che il Moro ha visto coi suoi occhi
alla prova dell’armi a Rodi, a Cipro,
e in altre terre cristiane e pagane,
debbo star sottovento ed in bonaccia
agli ordini d’un vile conta-soldi,
d’un libro mastro del dare e l’avere.
Lui senz’arte né parte,
dev’esser fatto suo luogotenente,
e il sottoscritto, che Dio ci abbia in gloria,
resta l’alfiere di Sua Negreria.

RODERIGO
Il boia che gli metta il cappio al collo
avrei voluto essere, piuttosto!

JAGO
Mah, che voi farci, ormai non c’è rimedio.
È la maledizione del servizio:
la promozione si fa per scartoffie,
per simpatia, non già, come una volta,
per un criterio di gradualità
onde il secondo succedeva al primo.
Perciò, mio caro, giudica da te
se esista un ragionevole motivo
ch’io mi possa sentir legato al Moro.

RODERIGO
Se fossi in te, non lo seguirei più.

JAGO
Ah, se mi curo ancora di seguirlo,
puoi star sicuro, è solo per rivalsa.
Tutti non si può essere padroni;
ma non è manco detto che i padroni
si debbano seguire fedelmente.
Li avrai visti anche tu certi bricconi
leccapiedi dalle ginocchia a uncino,
fanatici di fare ognora mostra
del lor cerimonioso servilismo,
che vivon consumando tutto il tempo
a fare gli asini dei lor padroni
per una brancatella di foraggio,
e, appena vecchi, sono licenziati.
Questi onesti babbei, per conto mio,
si meritano solo le frustate.
Ce n’è però di tutta un’altra tacca,
che, azzimati e attillati,
il volto sempre atteggiato all’ossequio,
son bravissimi a farsi i fatti loro;
essi, sbattendo in faccia ai lor padroni
solo la mostra dei loro servigi,
si fanno prosperi alle loro spalle;
e, quando si son bene impannucciati,
badano solo ad ossequiar se stessi.
Quelli sì che son gente di carattere;
ed io mi sento d’essere dei loro:
ché, com’è vero che sei Roderigo,
così è sicuro che s’io fossi il Moro,
non vorrei esser Jago.
A seguir lui, seguo solo me stesso;
e lo faccio - mi sia giudice il Cielo -
non certo per amore o per dovere,
anche se all’apparenza sia così,
ma per mio tornaconto personale;
ché se l’esterno mio comportamento
dovesse rivelar gli interni moti
e la vera natura del mio animo,
non passerebbe molto, t’assicuro,
che porterei cucito sulla manica
il cuore, a farmelo beccar dai corvi.
Io non son dentro quel che sembro fuori.

lunedì 4 gennaio 2010

Morning at the window

They are rattling breakfast plates in basement kitchens,
And along the trampled edges of the streetI am aware of the damp souls of housemaids
Sprouting despondently at area gates.
The brown waves of fog toss up to me

Twisted faces from the bottom of the street,
And tear from a passer-by with muddy skirts
An aimless smile that hovers in the air
And vanishes along the level of the roofs.

Mattino alla finestra
Sbattono piatti da colazione nelle cucine del seminterrato,

E lungo i marciapiedi che risuonano di passi
Scorgo anime umide di donne di servizio
Sbucare sconsolate dai cancelli che danno sulla strada.
Ondate brune di nebbia levano contro di me

Volti contorti dal fondo della strada,
Strappano a una passante con la gonna inzaccherata
Un vacuo sorriso che s'alza leggero nell'aria
E lungo il filo dei tetti svanisce

(Morning at the Window, T.S. Eliot)