giovedì 22 ottobre 2009

La belle dame sans merci



John William Waterhouse, La belle dame sans merci



Che cosa ti tormenta, armato cavaliere
che indugi solo e pallido?
Di già appassite son le cipree del lago
e non cantan gli uccelli.

Che cosa ti tormenta, armato cavaliere,
cotanto affranto e così desolato,
riempito è già il granaio dello scoiattolo,
pronto è il raccolto.

Vedo sul tuo cimiero un bianco giglio,
umida angoscia, e del pianto la febbre
sulle tue gote, ove il color di rosa è scolorito
troppo rapidamente.

Una signora in quei prati incontrai,
lei, tutta la bellezza di figlia delle fate aveva,
chiome assai lunghe, e leggeri i suoi piedi,
ma selvaggi i suoi occhi.

Io feci una ghirlanda pel suo capo,
e pur bracciali, e odorosa cintura;
lei mi guardò com' avria fatto amore,
dolcemente gemette.

Io mi stetti con lei, sul mio cavallo
al passo, e nessun altro vidi in tutto il giorno;
seduta di traverso modulava
un canto delle fate.

Lei procurò per me grate radici,
vergine miele e rugiadosa manna,
e in linguaggio straniero poi mi disse:
- Io t'amo veramente.

Nella grotta degli elfi mi condusse,
e lì lei pianse, e sospirò in tristezza,
ma i suoi barbari occhi io tenni chiusi,
con quattro baci.

Ivi lei mi cullò, sino a dormire,
e lì sognai: sia maledetto l'ultimo sogno
fantasticato lì sul declivio
del freddo colle.

Vidi principi e re, pallidamente,
scialbi guerrieri smunti, color morte erano tutti
e gridavano a me: - La bella dama che non ha
compassione, t'ha reso schiavo!

Le lor livide labbra scorsi nella penombra,
che m'avvertivano: - L'ampia voragine orrendamente
s'apre! - Allora mi svegliai, e mi scopersi qui,
sopra il declivio del freddo colle.

Questo è accaduto perché qui rimasi
solo, senza uno scopo ad attardarmi,
pur se appassite fosser le cipree
e gli uccelli del lago non cantassero.

(John Keats, La belle dame sans merci)

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